SCRIVO PER RIVIVERE


Scrivendo si attinge vita, la nostra e l’altrui. L’ho scoperto tardi, ognuno ha i propri riti da compiere per iniziarsi all’esistenza.
Su di Me
Sono nata a Vicenza, città che ho lasciato subito dopo il liceo classico per andare a studiare a Roma, laureandomi in regia teatrale al Dams di RomaTre.
Ho fatto l’attrice, la presentatrice televisiva, l’adattatrice dei dialoghi per il doppiaggio. Ho passato molti giorni felici nella capitale, conosciuto tante persone, fatto e disfatto la mia vocazione tentando di aderire a un destino che sembrava allontanarsi e non combaciare mai con il desiderio. Finché non ho avuto il coraggio di guardare ciò che stavo evitando: la scrittura, lo studio, la letteratura. Tutto quello che avevo escluso dal mio orizzonte. Per motivi che forse interessano o forse no.
Eppure quella chiamata a essere lavorava sotterraneamente.
C’è voluto tempo per accoglierla, ma poi le braccia si sono spalancate, la mente aperta, rinunciando magari a un po’ di serenità - anzi alla gran parte - ma donandomi un senso vivo di appagamento: quello di chi ha una strada che riconosce ed elegge.
E così ho ricominciato tutto daccapo, trasferendomi a Milano, poi ancora a Vicenza e adesso nuovamente a Milano, dove coltivo l’idea di radicare il mio frustrante senso di disappartenenza all’esercizio del pensiero. È lì che cerco casa, ben sapendo che casa è laddove si trova pace, cosa quasi inconcepibile, per me, eterna e inquieta ansiosa.
Ho ripreso a studiare scegliendo i libri come compagni per decrittare il mondo, o tentare di farlo.
Da un’ossessione più che ventennale sul Macbeth shakespeariano e la sua Lady è uscito un poemetto e poi un libro ibrido e molto intimo, modellato sul viaggio compiuto in Scozia alla ricerca della tomba del tiranno. Ho imparato quanto quella sua avventura esistenziale mi somigli. Strano a dirsi.
E ho capito che la vita è davvero un palcoscenico e che il copione che siamo chiamati a interpretare prevede dei ritorni, nuclei che dobbiamo ripetere. Non so quale sia il motivo, ma so che potrò ambire a un minimo di eternità solo incarnando una storia che ha bisogno di replica.
Questo ha a che fare anche con la traduzione, altro modo per celebrare la somiglianza con ciò che ci sfugge. Dobbiamo prenderne atto.
Mio nonno era un importante anglista. Ora traduco un po’ anch’io, quando mai avrei immaginato di farlo.
E poi scrivo recensioni ai libri degli altri (a modo mio), perché mi parlino e mi aiutino a vedere oltre .
La vita è diventata più complicata. Non basta nulla. Mia nonna diceva di aver abbandonato la filosofia per trovare “un senso che basti”. Io dubito che potrei farlo. Ogni cosa porta con sé un interrogativo nuovo, più fondo. Ma è questo che so di essere: una domanda che ha bisogno di esplicitarsi, a voce alta.