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Un altro piccolo passo e una restituzione del romanzo...

  • Immagine del redattore: Rossella Pretto
    Rossella Pretto
  • 30 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

Un altro piccolo passo e una restituzione del romanzo – che dovrebbe chiamarsi Come piombo dentro al mare (ricordate i versi di Coleridge, quelli della Ballata del vecchio marinaio che avevo messo in epigrafe, l’ultima volta? Quelli di quando il marinaio colpevole di aver ucciso l’albatro trova la forza di pregare e la maledizione che aveva imprigionato la nave nelle tenaglie della bonaccia si scioglie, l’uccello morto gli scivola dal petto e affonda, appunto, come piombo dentro al mare…).


Nelle righe iniziali, il romanzo si apriva tra le vie di una cittadina di provincia del Nordest e il narratore, la narratrice ricapitolava dalla fine (dall’esito di una storia che si annunciava colma di un destino beffardo pronto a ripetersi nella carne dei presenti) il nucleo pulsante del dramma di Tennessee Williams, sempre in sella e desideroso di ritrovare nuovi corpi tramite cui dirsi. Ed ecco allora altre identità affacciarsi per narrare di quella storia le pieghe, le articolazioni, le sfumature.


Di seguito condivido la seconda parte del capitolo che approda poi a Lerici. Con preghiera di commento, perché vorrei capire, di questo inizio, cosa rimane, cosa si perde, cosa affonda come il cadavere dell’uccello morto, e cosa si alza, invece, come un vento capace di gonfiare le vele di questa mia giovane nave al varo…


E allora:

«Ma non è così che finisce la storia, o meglio, probabilmente questi sono l’inizio e la fine rituali a cui mi conduce lei, il bianco demone tentatore delle scene capace di mutare d’aspetto a ogni passaggio di specchio, modificando abitudini, luoghi dell’apparire e lingua, e tenendo per sé solo le piume in segno di riconoscimento e perdizione. Qualcuno ne pagò le conseguenze, anche del mio tradimento: verso di loro e verso la legge del mio desiderio, io che ho coltivato la colpa e l'errore, già compagna di quel marinaio che uccise l’albatro e si condannò a non dimenticare mai più. Blanche che sempre si era affidata al buon cuore degli estranei vibrava con il mio voltafaccia nel compiersi di una maledizione, mentre io perdevo me stessa nel rimpianto del non fatto, dell’incompiuto. Colpevole dell’atto mancato, colpevole di essere stata d’intralcio.


Ho dovuto neutralizzare la carica distruttiva che rappresentava, disinnescare la mia, per poter sopportare di rincontrarla in Brenda sfogliando il catalogo delle sue identità. È così che quel senso di fine è tornato apparente e ha ripreso il cammino facendomi interrogare l’atlante fino a Lerici e seguire il sortilegio di una telefonata imprevista dell’amica che un tempo, e forse più di me, si era persa dietro la sua malia, così che io tenti di dare conto della domanda, umana, del racconto, e anche di chi se ne fa carico nel mondo: che ne è del corpo, i ricordi, dei confini che fanno diversa l’una dall’altra, nel dire di una vicenda la pelle e l’idea?


Lo racconterò raccontando la storia di entrambe, o meglio, di tutte e tre, indifferentemente e partendo da un momento del tempo pescato nel magma che ci fa, insieme, contemporanee in una pozza d’anguille». Rossella Pretto

 
 
 

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